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Scienza e fede. Il caso Galileo Galilei


Galileo Galilei (1564-1642)



Il pittore toscano Ludovico Cardi, detto il Cigoli dal nome del luogo natio, rappresenta una Immacolata Concezione in modo tutt’altro che tradizionale. La Madonna del Cigoli, infatti, si erge su una luna del tutto insolita. Non si tratta del “classico” crescente lunare, ma di una rappresentazione molto più naturalistica, frutto appunto delle osservazioni che Galileo aveva pubblicato nel Sidereus Nuncius (1610): «In primo luogo diremo dell’emisfero della Luna che è volto verso di noi. Per maggior chiarezza divido l’emisfero in due parti, più chiara l’una, più scura l’altra: la più chiara sembra circondare e riempire tutto l’emisfero, la più scura invece offusca come nube la faccia stessa e la fa apparire cosparsa di macchie». L’affresco in Santa Maria Maggiore fu realizzato per e con il consenso del papa Paolo V Borghese, nella cappella che doveva diventare il suo mausoleo. È significativo ricordare il giudizio che diede dell’affresco uno degli uomini più colti di Roma, Federico Cesi, scienziato e fondatore dell’Accademia dei Lincei, in una lettera inviata a Galileo nel 1612. È un elogio sperticato all’affresco del Cigoli, il quale «come amico e leale» di Galileo, «sotto l’immagine della beata Vergine ha dipinto la Luna nel modo che da Vossignoria è stata scoperta, colla divisione merlata e le sue isolette».


Madonna di Ludovico Cardi, detto il Cigoli, nella
Cappella Paolina, in Santa Maria Maggiore (1610-1612),
Marco Bona Castellotti l’ha chiamata la “Madonna galileiana”





Il Sidereus nuncius (1610)


Grazie alla sua competenza nel fabbricare lenti, combinata con la perizia dei mastri vetrai di Murano, e grazie a un munifico stipendio accordatogli dal Senato veneziano dopo una magistrale dimostrazione delle potenzialità militari del "cannone occhiale" effettuata dal campanile di San Marco il 21 agosto 1609, Galileo, che allora insegnava all'università di Padova, si dedicò con eccezionale alacrità al perfezionamento del suo "cannocchiale" e poté finalmente puntarlo verso il cielo utilizzandolo altrettanto magistralmente in campo astronomico. Durante le notti serene dell'autunno e dell'inverno successivi, scrutò sbalordito la volta stellata effettuando osservazioni talmente rivoluzionarie da far crollare l'intera impalcatura dell'astronomia e della cosmologia aristotelico-tolemaica.





L’interpretazione delle Scritture

“Quando il Signore consegnò gli Amorrei in mano agli Israeliti, 
Giosuè parlò al Signore e disse alla presenza d’Israele: 
«Férmati, sole, su Gàbaon, luna, sulla valle di Àialon»” (Gs 10,12).


Lettera di Galileo Galilei a Benedetto Castelli del 21 dicembre 1613

Parmi che prudentissimamente fusse proposto […] non poter mai la Scrittura Sacra mentire o errare, ma essere i suoi decreti d'assoluta ed inviolabile verità. Solo avrei aggiunto, che, se bene la Scrittura non può errare, potrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de' suoi interpreti ed espositori, in varii modi: tra i quali uno sarebbe gravissimo e frequentissimo, quando volessero fermarsi sempre nel puro significato delle parole, perché così vi apparirebbono non solo diverse contradizioni, ma gravi eresie e bestemmie ancora; poi che sarebbe necessario dare a Iddio e piedi e mani e occhi, e non meno affetti corporali e umani, come d'ira, di pentimento, d'odio, e anco talvolta l'obblivione delle cose passate e l'ignoranza delle future. […]
Stante, dunque, che la Scrittura in molti luoghi è non solamente capace, ma necessariamente bisognosa d'esposizioni diverse dall'apparente significato delle parole, mi par che nelle dispute naturali ella doverebbe esser riserbata nell'ultimo luogo: perché, procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio; ed essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all'intendimento dell'universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al significato delle parole, dal vero assoluto; ma, all'incontro, essendo la natura inesorabile e immutabile e nulla curante che le sue recondite ragioni e modi d'operare sieno o non sieno esposti alla capacità de gli uomini, per lo che ella non trasgredisce mai i termini delle leggi imposteli; pare che quello de gli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone innanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio per luoghi della Scrittura ch'avesser nelle parole diverso sembiante, poi che non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi così severi com'ogni effetto di natura.



Lettera di Galileo Galilei a Cristina di Lorena, Granduchessa di Toscana, 1615

Io crederei che l'autorità delle Sacre Lettere avesse avuto solamente la mira a persuader a gli uomini quegli articoli e proposizioni, che, sendo necessarie per la salute loro e superando ogni umano discorso, non potevano per altra scienza né per altro mezzo farcisi credibili, che per la bocca dell'istesso Spirito Santo.
Ma che quel medesimo Dio che ci ha dotati di sensi, di discorso e d'intelletto, abbia voluto, posponendo l'uso di questi, darci con altro mezzo le notizie che per quelli possiamo conseguire, non penso che sia necessario il crederlo, e massime in quelle scienze delle quali una minima particella e in conclusioni divise se ne legge nella Scrittura; qual appunto è l'astronomia, di cui ve n'è così piccola parte, che non vi si trovano né pur nominati i pianeti, Però se i primi scrittori sacri avessero auto pensiero di persuader al popolo le disposizioni e movimenti de' corpi celesti, non ne avrebbon trattato così poco, che è come niente in comparazione dell'infinite conclusioni altissime e ammirande che in tale scienza si contengono.
Le quali proposizioni, sì come, dettante lo Spirito Santo, furono in tal guisa profferite da gli scrittori sacri per accomodarsi alla capacità del vulgo assai rozzo e indisciplinato, così per quelli che meritano d'esser separati dalla plebe è necessario che i saggi espositori ne produchino i veri sensi, e n'additino le ragioni particolari per che e' siano sotto cotali parole profferiti.
Mi par di poter assai ragionevolmente dedurre, che la medesima Sacra Scrittura, qualunque volta gli è occorso di pronunziare alcuna conclusione naturale, e massime delle più recondite e difficili ad esser capite, ella non abbia pretermesso questo medesimo avviso, per non aggiugnere confusione nelle menti di quel medesimo popolo e renderlo più contumace contro a i dogmi di più alto misterio. Perché se, come si è detto e chiaramente si scorge, per il solo rispetto d'accomodarsi alla capacità popolare non si è la Scrittura astenuta di adombrare principalissimi pronunziati, attribuendo sino all'istesso Iddio condizioni lontanissime e contrarie alla sua essenza, chi vorrà asseverantemente sostenere che l'istessa Scrittura, posto da banda cotal rispetto, nel parlare anco incidentemente di Terra, d'acqua, di Sole o d'altra creatura, abbia eletto di contenersi con tutto rigore dentro a i puri e ristretti significati delle parole? E massime nel pronunziar di esse creature cose non punto concernenti al primario instituto delle medesime Sacre Lettere, ciò è al culto divino ed alla salute dell'anime, e cose grandemente remote dalla apprensione del vulgo.

Commenti

  1. Galileo ha saputo , utilizzare le sue conoscenze,non solo per vanto suo ma ,per onorare ogni meraviglia del creato.E esprimerle nelle sue pitture.Uomo di grande sfide scientifiche,e di grande amore per Dio.La scienza non può no

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  2. Galileo ha saputo , utilizzare le sue conoscenze,non solo per vanto suo ma ,per onorare ogni meraviglia del creato.E esprimerle nelle sue pitture.Uomo di grande sfide scientifiche,e di grande amore per Dio.La scienza non può no

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